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Il Progetto VI.B.RI.S.

Vini bianchi a ridotto contenuto di solfiti, longevi e di elevata qualità sensoriale

VI.B.RI.S. è un progetto di cooperazione che ha l’obiettivo di rafforzare e consolidare le reti relazionali tra i soggetti del sistema della conoscenza, di promuovere la diffusione dell’innovazione nella filiera vitivinicola del territorio del GAL Terra Protetta, selezionando, tra i vitigni nativi dell’area quelli adatti a una viticoltura intelligente e sostenibile, tutelando e valorizzando la biodiversità locale e la salute dei consumatori.

Le attività mireranno a valutare le caratteristiche organolettiche e di produttività al fine di aumentare la competitività dei produttori e delle aziende agricole, di trasformazione e di commercializzazione, all’interno delle filiere. Lo studio sarà rivolto in particolare ad aumentare la capacità di distinguersi e differenziarsi come vini, sotto il profilo di identità, stile e tipicità, posizionandosi con successo sui mercati dei vini di qualità con indicazione geografica. Le imprese del territorio del Gal Terra Protetta saranno agevolate nel cogliere le opportunità conseguenti all’adozione delle innovazioni del progetto, attraverso efficaci azioni di disseminazione. L’anidride solforosa, in virtù delle sue proprietà antimicrobiche, antiossidanti e di inibizione enzimatica, è un comune additivo in campo enologico in quanto garantisce al vino contemporaneamente la resistenza al deterioramento dovuto sia ai microorganismi che alle ossidazioni. Tuttavia, essa può causare nei soggetti sensibili disturbi che vanno dal broncospasmo a problemi gastrointestinali, e, in casi piuttosto rari, anche a shock anafilattici.

Pertanto, l’obiettivo generale della proposta progettuale è: lo sviluppo di protocolli di vinificazione per la produzione di vini bianchi a ridotto contenuto di solfiti, longevi e di elevata qualità sensoriale.

Saranno oggetto di studio quattro varietà di uva della Campania: Fenile, Ripolo, Ginestra e Pepella. Sulla base dei risultati ottenuti per ciascuna varietà di uva verrà elaborato uno specifico protocollo sperimentale di vinificazione, che possa garantire un prodotto naturalmente longevo. I risultati confluiranno nell’elaborazione di linee guida per la produzione di vini bianchi di elevata qualità a ridotto contenuto di solfiti. Per “prodotto naturalmente longevo” si intende un vino di alta qualità che possa resistere nel tempo al deterioramento dovuto all’azione dei microorganismi e degli agenti ossidanti, senza perdere le sue peculiari specificità. La naturale longevità di un vino può essere incrementata attraverso corrette pratiche di viticoltura e di enologia, che tendano a favorire l’equilibrata concentrazione nel prodotto finito di quei metaboliti naturalmente presenti nelle uve e nel vino dotati di intrinseche bioattività antimicrobiche e antiossidanti. La produzione di vini di alta qualità e con basse concentrazioni di SO2 intercetterà sicuramente le richieste dei consumatori, ormai attenti alle pratiche biologiche e sostenibili, contribuendo alla ripresa economica del comparto vitivinicolo fortemente piegato dalla crisi sanitaria dovuta al Covid19.

WP1: analisi chimica delle uve raccolte nei campi a maturazione.

WP2: analisi chimico-enologica delle uve raccolte nei campi a maturazione e dei vini ottenuti secondo i protocolli innovativi a ridotto contenuto di anidride solforosa proposti.

WP3: analisi sensoriale dei vini ottenuti secondo i protocolli innovativi a ridotto contenuto di anidride solforosa proposti.

WP4: Divulgazione e disseminazione dei risultati

OBIETTIVI SPECIFICI

L’obiettivo generale è quello di rafforzare e consolidare le reti relazionali tra i soggetti del sistema della conoscenza, di promuovere la diffusione dell’innovazione nella filiera vitivinicola del territorio del GAL Terra Protetta, selezionando, tra i vitigni nativi dell’area, quelli adatti a una viticoltura intelligente e sostenibile, tutelando e valorizzando la biodiversità locale e la salute dei consumatori.

Nello specifico:

• si definiranno i parametri chimici ed enologici delle uve storiche della Campania Fenile, Ripolo, Ginestra e Pepella.

• si identificheranno i principali metaboliti presenti nelle suddette uve con una particolare attenzione a quelle sostanze dotate di attività antimicrobica e antiossidante.

• si svilupperanno protocolli di vinificazione innovativi per ottenere da ciascuna delle suddette varietà d’uva vini bianchi di alta qualità a ridotto contenuto di anidride solforosa.

• si definiranno i profili sensoriali dei vini in relazione ai diversi protocolli di vinificazione sperimentali applicati ed individuazione delle differenze quali-quantitative tra i vini.

Per “prodotto naturalmente longevo” si intende un vino di alta qualità che possa resistere nel tempo al deterioramento dovuto all’azione dei microorganismi e degli agenti ossidanti, senza perdere le sue peculiari specificità. L’aggiunta di anidride solforosa (SO2) grazie alla sua attività antiossidante e antimicrobica trova largo impiego nell’industria agroalimentare, soprattutto nella produzione di frutta secca, succhi di frutta, verdure in scatola e gamberi. Anche nelle pratiche enologiche, l’anidride solforosa riveste un ruolo determinante.L’anidride solforosa, in virtù delle sue proprietà antimicrobiche, antiossidanti e di inibizione enzimatica, è un comune additivo in campo enologico in quanto garantisce al vino contemporaneamente la resistenza al deterioramento dovuto sia ai microorganismi che alle ossidazioni. I limiti massimi di SO2 consentiti dalle disposizioni europee raggiungono i 150 mg/L per i vini rossi e 200 mg/L per i bianchi. Benché i vantaggi della SO2 siano indubbi, diverse perplessità sono state sollevate riguardo il suo impiego specialmente nell’industria vitivinicola a causa dei suoi effetti deleteri sulla salute. Essa può causare nei soggetti sensibili disturbi che vanno dal broncospasmo a problemi gastrointestinali, e, in casi piuttosto rari, anche a shock anafilattici.

Se si aggiunge la tendenza globale a un ritorno al biologico, è evidente il motivo per cui l’industria enologica sia alla ricerca di possibili alternative all’aggiunta di SO2 nei vini, in modo da renderli longevi senza alterarne gli aspetti sensoriali.

In via del tutto generale, la naturale longevità di un vino può essere incrementata attraverso corrette pratiche di viticoltura e di enologia, che tendano a favorire l’equilibrata concentrazione nel prodotto finito di quei metaboliti naturalmente presenti nelle uve e, quindi, nel vino dotati di intrinseche bioattività antimicrobiche e antiossidanti.

Diverse metodologie chimiche e fisiche sono state sviluppate per ridurre l’anidride solforosa nei vini. Tutti i metodi messi a punto hanno mostrato, però, solo interessanti attività antimicrobiche e non anche antiossidanti. Tra i metodi chimici, attualmente disponibili, vanno senz’altro enumerati il DMDC (dimetildicarbonato) e il lisozima. Tali sostanze sono di facile impiego e la loro aggiunta può essere eseguita in differenti stadi della vinificazione. Tuttavia, di solito gli additivi chimici comportano rischi sanitari e, pertanto, il loro impiego richiede lunghi studi sperimentali per definirne gli aspetti tossicologici e la dose massima ammissibile.

Per quanto attiene le metodologie fisiche, l’impiego di alte pressioni, di campi elettrici pulsati o di microonde si è rivelato piuttosto efficace, ma al momento mancano le validazioni di tali metodi su scala industriale e, soprattutto, non sono stati ancora sperimentati su diverse tipologie di vini. Inoltre, sono in genere richieste strumentazioni specifiche e piuttosto costose.

Importanti problematiche che i suddetti metodi, siano essi chimici o fisici, sollevano per il comparto vitivinicolo riguardano le ricadute, spesso deleterie, sulle proprietà organolettiche del vino. Ma, la principale limitazione di tutti i metodi alternativi all’aggiunta di SO2, attualmente disponibili, è la loro incapacità di proteggere i vini dai processi ossidativi sia di natura chimica che enzimatica. In via del tutto generale, solo in maniera empirica e in base all’esperienza pregressa, i produttori riescono a stabilire i tempi migliori per mettere in atto le appropriate pratiche tecnologiche per prevenire il rischio ossidativo e microbiologico connesso alla produzione del vino. Mancano, infatti, al momento, linee guida suggerite da evidenze scientifiche in grado di assistere adeguatamente i produttori. Ciò è dovuto anche al fatto che ciascuna varietà d’uva ha un contenuto metabolico specifico e, quindi, potrebbero esser necessarie linee guida diverse per la produzione di ciascun tipo di vino. A tal riguardo, sono scarse le conoscenze scientifiche sulle varietà d’uva oggetto di studio di questo progetto.

RISULTATI ATTESI

La buona riuscita del presente progetto avrà sicuramente delle vantaggiose ricadute sulle aziende vitivinicole presenti sul territorio.

Innanzitutto, come descritto in precedenza, le conoscenze scientifiche in termini di profilo metabolico delle uve a bacca bianca storiche della Campania oggetto di studio (Fenile, Ripoli, Ginestra e Pepella) e dei vini bianchi da esse prodotti sono estremamente limitate. Di conseguenza, un’accurata caratterizzazione delle molecole di interesse enologico e sensoriale consentirà lo sviluppo di strategie enologiche, specifiche per le uve in analisi, tese all’ottenimento di vini longevi, di alto pregio sensoriale e a ridotto contenuto di solfiti. L’adozione di tali protocolli da parte delle aziende sicuramente migliorerà le performance economiche e la competitività delle aziende vitivinicole che potranno immettere sul mercato vini di alta qualità che, considerato il ridotto livello in solfiti, intercetteranno le richieste di consumatori sempre più attenti agli aspetti biologici e salutistici degli alimenti. In virtù delle modalità di elaborazione di tali protocolli sviluppati grazie alla sinergia del mondo universitario della ricerca scientifica e del mondo imprenditoriale vitivinicolo campano, il trasferimento dei risultati conseguiti attraverso il progetto sarà immediatamente e facilmente trasferibile alle aziende interessate.

Va infine sottolineato che, considerando che i protocolli innovativi di vinificazione saranno elaborati attraverso l’implementazione di pratiche enologiche comuni tese a favorire nei vini la presenza di sostanze naturalmente presenti nelle uve e dotate di proprietà antiossidanti e/o antimicrobiche per ridurre il contenuto di solfiti, non dovrebbero esser necessari investimenti durevoli da parte delle aziende.